giovedì 31 luglio 2008

Non solo Argelato, n.3

Il delitto perfetto, quello che non ha colpevoli, non esisteva nel Paese dei Carpazi prima di quel lampeggiante lunedì 29 febbraio, anno ****, nottata di pioggia e fulmini sulla Capitale, quando un colpo di pistola risuonò nella Sala dei Pavoni. E un urlo si spense, scivolando via insieme col cadavere eccellente.

E’ morto il Presidente della Repubblica. Lo ha ucciso il presidente del Senato. Suonano allarmi e trombe. Accorrono i Corazzieri a cavallo, gli uomini della Scientifica, quelli dei Servizi segreti, un manipolo di magistrati. Arriva il Presidente della Camera. Arriva il Presidente del Consiglio. Infine (e in esclusiva) la Cnn dei Carpazi.

L’assassino è scosso. Siede, con una certa eleganza, sul sofà. Conversa. Ammette: “Non so cosa mi capitò. Giocavamo a zecchinetta. L’ira di un attimo, presumo. Son sconcertato”. Sorseggia Malvasia. Gli inquirenti lo guardano a distanza. Non può essere ammanettato: secondo il nuovissimo Lodo *** votato dalla Camera Federale per le quattro più alte cariche dello Stato, è immune da qualunque arresto. Ma a onor del vero la legge, che pure lo tutela, non basta a renderlo insensibile a quel sangue sui tappeti. Lo tormenta un capogiro. Lo infiacchisce il rimorso.

Siamo nel cuore del giallo senza giallo. Siamo nella bella città d’antica storia. Democrazia d’Occidente, perla d’Europa, distesa tra mutevoli alture dei Cinque Colli, bagnata dal Fiume, ingentilita dai gerani, carica di sogni telefonici che si dispiegano dentro conversazioni oniriche, dove passeggiano femmine con piccoli guinzagli e perizoma e strass. Celebri al pubblico come: “Le Mie Fanciulle”.

Il Presidente è morto. Era il piu’ alto delle alte cariche. Era il più tranquillo. Era il più elegante. Che si fa ora?

Nel Paese serpeggia scalpore. Bandiere scendono a mezz’asta. Il Presidente del Consiglio, che era il quarto alto delle quattro alte cariche e che adesso è il terzo alto delle tre alte cariche, si incarica del Messaggio alla Nazione. Un video con la calza dalla Villa. Un testo asciutto. Con la foto della salma in primo piano e un incipit del tipo: “Questo è il Presidente che amo”. All’indicativo presente. Che rende esplicito il legame. Commovente il dolore. Inevitabile l’eredità.

Giuristi studiano (intanto) le carte. La vittima è certa, non lo è il carnefice. Il fatto è accaduto, ma in una sua metà si è dissolto. Fumus aleggia. Il colpevole esiste, ma non è giudicabile. Tutti i reati provvede a cancellarglieli la legge. Per restituirglieli occorreranno dimissioni in grado di smontargli lo scudo di seconda alta carica. Perché finchè resta in carica, l’alta carica lo rende immune. Ha agito da solo. Senza disegni, senza movente. A guardar bene senza neppure cattiveria. Anzi si è già pentito. E pentendosi piange. E piangendo si libera. E liberandosi si apre a un cauto conversare: “D’ora in avanti vivrò nell’amarezza”.

Giustizialisti sospettano. Toghe avvelenano. Giovani girotondi fomentano. Li zittisce per tempo il Presidente del Consiglio che afferma che la legge è legge, va rispettata. Il Presidente del Senato è immune. Farlo dimettere non sarebbe garantista. E quindi resta innocente fino al terzo grado di giudizio al quale si arriverà dopo il giusto processo, la ricusazione dei giudici, il riesame della Consulta, il parere della Corte dell’Aia, il Patteggiamento allargato e l’ultimo appello al Tar dei Carpazi. Per il momento il processo non si fa, ci mancherebbe. Fino a quando? Lo decideranno le alte cariche e i loro pari, eletti dal popolo, non qualche impiegato statale che indossa una toga grazie a un discutibile concorso. Sarà un processo a porte chiuse contro ogni spettacolarizzazione. E sarà un processo giusto. Il Presidente del Consiglio lo giura sul suo onore (immune) e sulla testa dei suoi nove figli. Questione chiusa.

Di aperto resta il vuoto politico. Che in politica non esiste. Va riempito. Perché senza Presidente non si può stare. Il Lodo *** lo consente. La Nazione lo chiede. Le Camere Federali lo pretendono. Addirittura inneggiano all’ora finalmente giunta. S’apre per la quarta alta carica la via che conduce in vetta al vento della prima. Il Presidente del Consiglio diventa il Presidente della Repubblica. L’apoteosi di una vita, cominciata vendendo temi in classe e torri nella nebbia e notti da un drive-in elettronico.

Il resto segue come un Domino di 1816 tessere. Il delitto perfetto, almeno nei Carpazi, adesso esiste.


Vanity Fair, 30 giugno 2008 - Pino Corrias


giovedì 24 luglio 2008

Porta a Porta a San Francisco

Mentre ad Argelato continua la battaglia tra PaP e ApA, tra raccolta porta a porta e raccolta stradale ho avuto modo di girare il mondo e qualche giorno fa sono stato a San Francisco. La meravigliosa cittadina americana conta 744.041 abitanti, copre un'estensione di 122 km² e come potete notare dalla foto, effettua la raccolta porta a porta. La città è pulitissima sia nel centro che nella sterminata periferia della contea dove si possono trovare molte case disperse nel nulla con i cassonetti colorati (simili ai nostri) davanti al cancello, nei giorni di raccolta.
Argelato conta 8.680 abitanti e ha una superficie di 35,2 km², non ha grattaceli di 50 piani, non ha negozi, aziende o quartieri paragonabili a quelli di San Francisco, ma ha un gruppo di cittadini che ha il coraggio di trovare inapplicabile il PaP nel nostro comune perchè troppo costoso o troppo faticoso (in realtà spesso non si capisce il perchè, n.d.a.).
Il PaP è un buon metodo di raccolta differenziata, ma è soprattutto un ottimo modo per conoscere e toccare con mano il problema dei rifiuti e quello dell'acquisto delle materie prime più o meno reciclabili e quindi più o meno dannose per l'ambiente. Domenica 23 novembre 2008, dalle ore 8,00 alle ore 21,00, si svolgerà ad Argelato il referendum comunale abrogativo sulla raccolta differenziata con modalità porta a porta. Non permettiamo ad ApA di rovinare il nostro comune e il nostro pianeta per motivi così futili. Marani Davide.



San Francisco - 9 luglio 2008