mercoledì 22 luglio 2009

Giorgio Ponzio Napolitano

Noi che, poveri ignoranti, non conosciamo la Costituzione, pensavamo che i poteri e i doveri del Presidente della Repubblica fossero quelli indicati dalla Costituzione.

E cioè:
- rappresentare l'unità nazionale
- inviare messaggi alle Camere
- indire le elezioni delle Camere
- autorizzare la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del governo
- promulgare le leggi ed emanare i decreti aventi valore di legge e i regolamenti (oppure rinviare le leggi alle Camere in caso di manifesta incostituzionalità)
- indire il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione
- nominare il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri
- nominare, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato, ma anche i senatori a vita e alcuni giudici costituzionali, ma anche i membri delle autorità di garanzia
- accreditare e ricevere i rappresentanti diplomatici, ratificare i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere
- comandare le Forze armate, presiedere il Consiglio supremo di difesa, dichiarare lo stato di guerra deliberato dalle Camere
- presiedere il Consiglio superiore della magistratura
- concedere la grazia e commutare le pene
- conferire le onorificenze della Repubblica
- sciogliere le Camere o anche una sola di esse, sentiti i loro presidenti.

Noi che, poveri ignoranti, non conosciamo la Costituzione non riusciamo a trovare un solo rigo nella medesima che autorizzi il capo dello Stato a chiedere notizie di un’indagine che non gli garba (come fece Napolitano nel dicembre scorso con quella della Procura di Salerno sui magistrati corrotti di Catanzaro); o a promulgare una legge facendo sapere per lettera che non gli piace per niente (come ha appena fatto col pacchetto sicurezza); o ad anticipare al governo che non firmerà un decreto (come ha fatto col decreto Englaro) o che non promulgherà una legge se non sarà modificata (come ha fatto con la legge-bavaglio sulle intercettazioni).

Noi che, poveri ignoranti, non conosciamo la Costituzione non vi abbiamo trovato alcun articolo che consenta al capo dello Stato ad auspicare “una revisioni di regole e di comportamenti” in materia di intercettazioni e cronaca giudiziaria, a parlare di “abusi”, a invocare “soluzioni appropriate e il più possibile condivise” (come se una porcata votata da molti fosse meglio di una porcata votata da pochi). Né abbiamo trovato un solo articolo che gli permetta di invocare “tregue” nell’attività di opposizione e di informazione sul capo del governo coinvolto in scandali (sui quali il rappresentante dell’unità nazionale non ha mai proferito una sillaba). Ma forse, non volendo neppure immaginare che stia sbagliando lui, il problema è nostro: evidentemente abbiamo, della Costituzione, un testo vecchio e superato.

Ignoranti come siamo, poi, non abbiamo capito nemmeno a quali indagini egli si riferisca quando, per l’ennesima volta, invita misteriose entità a “non indulgere alla spettacolarizzazione delle vicende giudiziarie e dei processi”. Visto che le nomina il capo dello Stato, sappiamo invece che le Autorità indipendenti sono anche affar suo, e da mesi speravamo che si accorgesse di un paio di presenze inquietanti al loro interno. L’Autorità Garante della Privacy è vicepresieduta da un certo Giuseppe Chiaravalloti, plurinquisito in Calabria per gravissimi reati e sorpreso al telefono con la sua segretaria a invocare l’eliminazione fisica, a opera della “camorra”, del magistrato Luigi De Magistris. Dell’Autorità Garante delle Comunicazioni fa parte il forzista Giancarlo Innocenzi, sorpreso a trafficare con il premier Berlusconi (che lui chiama “Grande Capo”) per acquistare senatori del centrosinistra e per procacciare lucrosi contratti a un produttore berlusconiano impegnato nella compravendita dei senatori medesimi (vedi intercettazioni riportate nel nostro libro “Papi”). Purtroppo, il capo dello Stato ha citato quest’ultima Autorità per raccomandare ai giornalisti di attenersi all’«importante codice di autoregolamentazione» da essa fissato per censurare le notizie scomode al potere.

Ignoranti come siamo, pensavamo anche che gli uomini delle istituzioni fossero soggetti a critiche, tantopiù legittime quanto più alti sono i loro scranni. Invece abbiamo ieri appreso dall’Augusta Favella che “chi mi critica non conosce la Costituzione”. Insomma ogni critica alla sua Intoccabile Persona è lesa maestà, come nei regimi sovietici a lui tanto cari fino agli anni 50 (memorabile il suo elogio nel 1956, davanti al Comitato centrale del Pci, della repressione sovietica dei moti di Ungheria).

Pensavamo anche che il capo dello Stato non dovesse scendere nell’agone politico, per bacchettare questo o quello come un Capezzone o un Cicchitto o un Quagliariello qualsiasi. Invece l’ha fatto con Antonio Di Pietro, reo addirittura di avergli chiesto di non promulgare leggi palesemente incostituzionali anziché chiosarle con la piuma d’oca. Mal gliene incolse: Napolitano l’ha chiamato sarcasticamente “guerriero” accusandolo di “vano rotear di scimitarra”. Era dai tempi di Cossiga che un capo dello Stato non se la prendeva frontalmente con un leader dell’opposizione (fra l’altro isolatissimo e solitario, dinanzi a un governo strapotente e strafottente e a un’opposizione inesistente): solo che, contro Cossiga, il Pci di Napolitano chiese l’impeachment trattandolo da golpista. Sui “guerrieri” alla Berlusconi & C. che roteano scimitarre tutt’altro che vane contro i magistrati e i giornalisti liberi, mai un sospiro dal Quirinale. Sui guerrieri alla Bossi & C., che ogni due per tre minacciano di “tirar fuori i fucili e i mitra” o di “oliare i kalashnikov”, ora contro i “comunisti” ora contro i “terroni” ora contro i “negri”, mai una parola dal Quirinale: un conto sono i fucili, i mitra e i kalashnikov, un altro le scimitarre.

Ignoranti come siamo, pensavamo che non rientrasse fra i compiti del capo dello Stato giudicare l’attendibilità di testimoni d’accusa in questo o quel processo: invece, ieri, Napolitano ha deciso che le nuove rivelazioni di Spatuzza, Riina, Ciancimino jr. e altri sui mandanti esterni delle stragi di mafia & Stato “vengono da soggetti per lo meno discutibili” e comunque non bisogna parlarne: secondo Napolitano quelle rivelazioni, totalmente ignorate da gran parte dei telegiornali di regime, “sono state accolte da un clamore un po’ eccessivo”. In effetti, ne ha financo parlato qualche quotidiano. La prossima volta, per favore, silenzio. Il Presidente riposa.


fonte antefatto

venerdì 17 luglio 2009

Uòlter Veltroni, in arte Hammamet

Oggi vi riporto un articolo sulla decadenza della questione morale all'interno del Partito Democratico. Se ancora qualcuno si chiede come può il maggior partito di sinistra perdere contro la destra più scandalosa della storia italiana, la risposta è una sola. Si comporta allo stesso modo, ma non ha gli stessi mezzi informativi per discolparsi. Buona lettura.

Notizie buone e meno buone dal fronte della legalità. Cominciamo da quella brutta: Paolo Cirino Pomicino non ce l’ha fatta a entrare nel Cda del Policlinico San Matteo di Pavia. Il decreto di nomina da parte del sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio pareva pronto, anche per risarcire il pover’uomo dall’inopinata esclusione dalle liste europee del Pdl in quanto sprovvisto di tette. Invece all’ultimo momento, forse per le proteste dei grillini e financo della Lega Nord, gli hanno preferito un incensurato.

Veniamo ora alle buone notizie. La prima riguarda il vicepresidente dell’Autorità Garante per la Privacy, Giuseppe Chiaravalloti, ex procuratore generale in Calabria di cui poi divenne governatore col centrodestra, quello che in una telefonata intercettata tre anni fa con la sua segretaria diceva del pm Luigi de Magistris che indagava su di lui: “Questa gliela facciamo pagare… Lo dobbiamo ammazzare. No, gli facciamo cause civili per danni e ne affidiamo la gestione alla camorra napoletana...Saprà con chi ha a che fare... C’è quella sorta di principio di Archimede: a ogni azione corrisponde una reazione... Siamo così tanti ad avere subìto l’azione che, quando esploderà, la reazione sarà adeguata!… Vedrai, passerà gli anni suoi a difendersi”. Bene, ora Chiaravalloti è di nuovo indagato (insieme all’ex ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, all’onorevole Pdl Giuseppe Galati e a vari politici locali) per associazione per delinquere finalizzata alla concussione, falso, riciclaggio e abuso d’ufficio per una storia di presunte tangenti e ruberie di fondi pubblici destinati a due centrali elettriche. Ma nessuno ha chiesto le sue dimissioni dalla cosiddetta Authority guidata dal professor Pizzetti, quello che ogni giorno difende il povero Berlusconi dagli attentati a mezzo flash del criminoso fotoreporter Antonello Zappadu. La Privacy resta in buone mani.

Le altre buone notizie riguardano il Pd, sempre all’avanguardia quando si tratta di legalità. Massimo D’Alema, che si accinge a riprendersi il partito travestito da Bersani, gli ha allestito una bella tavolata alla Fondazione Italianieuropei con campioni di trasparenza come il presidente di Mediobanca Cesare Geronzi, imputato sia per il crac Parmalat sia per il crac Cirio; e, secondo Repubblica, sta tentando di convincere l’amico banchiere Vincenzo De Bustis - condannato a 6 mesi in primo grado nel 2006 a Teramo per la truffa della Banca 121 – per comprare la Roma Calcio.

Intanto il Pd ha concesso l’iscrizione al partito a Tommaso Conte, medico napoletano residente a Stoccarda, condannato in primo e secondo grado in Germania per abusi sessuali su una giovane paziente, che poi s’è suicidata. Una cosina da niente, mica come gli ostacoli insormontabili che impediscono di dare la tessera a Beppe Grillo.

In perfetta coerenza, anche Walter Veltroni ha voluto sottolineare il grande impegno del partito per la legalità: riabilitando Bottino Craxi in un convegno organizzato dalla figlia d’arte, Stefania, che ne ha subito approfittato per insolentire Veltroni (così impara). Secondo Uòlter, Craxi fu “un grande innovatore” perchè “interpretò meglio di ogni altro uomo politico come la società italiana stava cambiando. La sua politica estera fu grande. Ci fu l’episodio di Sigonella, ma anche la scelta di tenere l’Italia nella sfera occidentale, senza intaccare l’autonomia e la dignità del Paese”. Invece Enrico Berlinguer fece “sforzi insufficienti al processo di innovazione che bisognava mettere in campo”. Ad applaudire Veltroni c’era fra gli altri l’ex ministro della Malasanità Francesco de Lorenzo, ovviamente pregiudicato.

Ora, è singolare che Uòlter preferisca Craxi a Berlinguer, visto che il primo distrusse il Partito socialista (il più antico partito italiano, a cent’anni dalla nascita), mentre se il secondo è ancora in piedi, pur ridotto ai minimi termini e col nome cambiato, lo si deve a Berlinguer e non certo ai suoi indegni successori. Ed è altrettanto singolare che non abbia trovato il tempo di ricordare, così, en passant, che Berlinguer morì durante un comizio davanti a migliaia di militanti, mentre Craxi morì in Tunisia, latitante, con due mandati di cattura pendenti sul capo e due condanne definitive a 10 anni complessivi per corruzione e finanziamento illecito, più varie provvisorie. Insomma, che Berlinguer non rubava, mentre Craxi sì.

Ma, anche a volersi limitare alla figura politica di Craxi, la lettura veltroniana fa acqua da tutte le parti. “Grande innovatore”? Sotto il governo Craxi (1983-‘87) il debito pubblico balzò da 400 mila a 1 milione di miliardi di lire e il rapporto debito-pil dal 70 al 92 per cento. L’industria di Stato delle Partecipazioni Statali seguitò a succhiare ettolitri di denaro pubblico, accumulando passivi da migliaia di miliardi. Anche perché Craxi bloccò la privatizzazione della Sme avviata dal presidente dell’Iri Romano Prodi, difendendo a spada tratta i “panettoni di Stato”. E impedì poi a Prodi di cedere l’Alfa Romeo alla Ford (che l’avrebbe pagata), regalandola alla Fiat. Nel 1978, durante il sequestro Moro, Craxi caldeggiò - fortunatamente invano - la trattativa tra lo Stato e le Brigate rosse, mentre Berlinguer giustamente si guidò il fronte della fermezza.

“La sua politica estera fu grande”? Nel 1985 Craxi sottrasse al blitz americano di Sigonella i terroristi palestinesi che avevano appena sequestrato la nave Achille Lauro e assassinato un ebreo paralitico, Leon Klinghoffer, gettandone il cadavere in mare; si impegnò a farli processare in Italia; poi fece caricare il loro capo Abu Abbas su un aereo dei servizi e lo lasciò fuggire prima nella Jugoslavia del maresciallo Tito e di lì in Irak, gradito omaggio a Saddam Hussein.

“La scelta di tenere l’Italia nella sfera occidentale, senza intaccare l’autonomia e la dignità del Paese”? Ancor più filoarabo e levantino dei democristiani, Craxi appoggiò acriticamente l’Olp, ancora ben lontana dalla svolta moderata, paragonando Arafat a Giuseppe Mazzini; spalleggiò e foraggiò il dittatore sanguinario somalo Siad Barre; e nel 1982, durante la crisi delle Falkland, si schierò addirittura con i generali argentini contro la Gran Bretagna appoggiata da tutto il resto dell’Occidente.

“Interpretò meglio di ogni altro uomo politico come la società italiana stava cambiando”? Craxi fu il primo a picconare la Costituzione in vista della “grande riforma” presidenzialista e ad attaccare la magistratura, proponendo di assoggettarla al governo. Prima con i decreti Berlusconi e poi con la legge Mammì consacrò il monopolio televisivo incostituzionale dell’amico Cavaliere, che fra l’altro pagava bene, cash. Insofferente al dissenso interno, insultò Norberto Bobbio (“ha perso il senno”) ed espulse dal Psi galantuomini come Bassanini, Codignola, Enriquez Agnoletti, Leon e Veltri, per circondarsi di faccendieri come Larini, Troielli, Giallombardo, Mach di Palmstein, Parretti, Fiorini, Chiesa e Cardella, e trafficare con Licio Gelli e Roberto Calvi, amorevolmente assistito dal suo consulente giuridico Renato Squillante. Oltre a decine di “nani e ballerine”, Craxi riuscì a candidare al Parlamento Gerry Scotti e Massimo Boldi, anticipando di vent’anni il velinismo berlusconiano. E’ questa l’innovazione che Veltroni attribuisce a Craxi, anziché a Berlinguer?

Nell’attesa di saperne di più, abbiamo finalmente capito in quale Africa voleva traslocare Uòlter qualche anno fa, prima di cambiare idea: ad Hammamet, in pellegrinaggio.

fonte antefatto

giovedì 16 luglio 2009

Quando nel 2010 fallirà la ripresa dalla Più Grande Depressione, finirà il mondo che conosciamo

Mentre in tutto il mondo si fa i conti con la crisi e si tengono informati i cittadini, in Italia le cose vanno in leggera contro-tendenza.

Tremonti 15.07.2009: "Ho l'impressione che alcuni dati economici che saranno resi noti a partire da domani, come quelli sul commercio o sull'occupazione, saranno buoni"

Berlusconi 11.07.2009:
"La crisi finanziaria è ormai sfogata [...] solo la paura può aggravarla o allungarla temporalmente. [...] Il risultato più importante è la fiducia e la speranza ai nostri concittadini"

Ci troviamo ancora una volta ad affrontare il dilemma Matrixiano: "pillola blu, fine della storia, domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai; pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio." A voi la scelta.
Vi riporto in merito un illuminante articolo di Terry Easton che ci apre gli occhi su quello che probabilmente dovremo affrontare nei prossimi anni. Si raccomanda la lettura solo ad un pubblico adulto e solo dopo aver ingerito la pillola rossa.


Diversi giorni fa Human Events (humanevents.com) ha avuto l'opportunità di intervistare lo straordinario esperto in previsioni Gerald Celente, Presidente del Trends Research Institute; il futuro che lui prevede appare effettivamente tetro. Di fatto, per come la vede Celente, la Grande Depressione sembrerà mite al confronto, dato che ciò che attende gli americani nel 2011 colpirà con la forza di un uragano Katrina finanziario.

Nel caso vi chiediate chi sia Celente, lui è comparso, con le sue previsioni, su Oprah, CNBC, NBC, PBS, BBC, il Glenn Beck Show e l'elenco continua a lungo. Il suo Trends Report ha previsto con successo le principali tendenze che hanno avuto impatto sulle nostre vite da tre decenni, incluso l'avvertimento per il crollo delle dot com (la bolla Internet) negli anni '90.

La previsione di Celente sull'imminente futuro americano si basa sul suo studio della storia. Egli dice che gli USA si stanno dirigendo verso la distruzione della valuta, la bancarotta del governo e un'eruzione di violenza di cittadini contro altri cittadini man mano che l'economia collassa nel caos e in un fascismo da legge marziale.

Un'affermazione impegnativa, Dio ci salvi se Cialente ha ragione anche questa volta.

"Noi suoniamo l'allarme riguardo alla discesa del ciclo economico", Cialente ha detto a Human Events. "Nel 2002 noi abbiamo previsto che l'impero americano sarebbe crollato come Il World Trade Center con un fragore assordante, che si sarebbe svolto al rallentatore davanti ai nostri occhi. E ora sta accadendo".

Celente segue oltre 300 tendenze: famiglia, crimine, guerre, istruzione, modelli del consumo e del business che TRI sintetizza per prevedere il futuro.

"Gli USA stanno diventando l'ombra di ciò che furono. Prendete ad esempio l'istruzione. L'OECD (Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo) valuta la qualità della vita, dell'istruzione e della salute dei paesi membri. Gli USA oggi stanno perdendo posizioni dopo posizioni, man mano che un dato dopo l'altro mostra che l'America è in declino. Non siamo più né primi, né secondi né terzi per qualità della vita, istruzione, longevità... tutte le cose essenziali in cui eravamo soliti essere i numeri uno. E le nostre fondamenta finanziarie stanno crollando".

Celente attribuisce parte della colpa inequivocabilmente al governo federale, specialmente al presidente Bernanke della FED (Federal Reserve) e al Segretario al Tesoro Geithner e ci avverte di non credere a una parola di quello che dicono. "Loro sono le stesse persone che non hanno visto la crisi arrivare e ora ci dicono che il peggio è passato, che stanno spuntando i 'germogli verdi'". Ma loro avevano torto prima e si stanno sbagliando anche adesso".

"Quando si pompano tonnellate di denaro-letame in questo sistema sulla base di niente - ovvero "si stampa denaro" (oggi in forma elettronica) è come se si desse a un paziente con una malattia cronica un analgesico: non cura il malato".

"Ma andiamo oltre l'economia. L'intera nostra Costituzione è stata di fatto abrogata. Il Presidente scrive semplicemente un Ordine Esecutivo per fare qualsiasi cosa egli voglia. Nazionalizzare banche, rilevare il settore delle assicurazioni, rilevare il settore dell'auto, il settore della salute...
Nulla di tutto ciò è costituzionale.

Quando è iniziato il problema?

"Dopo che Dwight Eisenhower - il nostro ultimo grande presidente - Comandante Supremo Alleato nella Seconda Guerra Mondiale, ci mise in guardia contro i pericoli del complesso militare - industriale. Siamo diventati completamente corrotti".

"Ci siamo impelagati in coinvolgimenti stranieri. Abbiamo dimenticato la lezione dell'Inghilterra e di come la loro estensione globale imperiale ha distrutto il loro impero".

Naturalmente, l'americano medio non pensa che siamo un impero. Non siamo come i classici imperi del passato, che saccheggiavano, depredavano, rubavano le ricchezze delle popolazioni conquistate. Che cos'ha da dire Celente al riguardo?

"Ciò che stiamo facendo è sperperare la nostra ricchezza, le nostre risorse, il genio dei nostri scienziati e il futuro dei nostri figli. Noi stiamo consumando troppo da ogni punto di vista, ma stiamo consumando troppo poca istruzione e ci stiamo concentrando sulla quantità, non sulla qualità di ciò che abbiamo costruito. Gran parte della cultura attuale è controproducente per ciò su cui gli americani costruirono le proprie fondamenta: una nazione produttiva di alta qualità che costruisce cose, non fa girare carte".

"E siamo diventati non solo una società consumatrice, ma consumatori di bassa qualità, come pure la società più obesa del mondo, che si nutre di carboidrati di bassa qualità e di cibo grasso industriale".

"Ora siamo concentrati sul minimo comun denominatore e sul minimo costo. Non sul meglio e sulla più alta qualità possibile. Pubblicizziamo gli acquisti al prezzo minimo come la cosa più importante".

Celente sostiene che abbiamo distrutto socialmente la nostra produttività e che l'abbiamo abbandonata a favore di altre nazioni.

"Inoltre siamo caduti in un vuoto morale. Guardate come si vestivano una volta le persone. In modo elegante. Non con gli stracci da due soldi di oggi. Oggi la moda copia il minimo comun denominatore. I nostri figli indossano abiti senza cintura e scarpe senza lacci, imitando lo stile dei criminali violenti, a cui la polizia toglie in prigione tutto ciò che può essere usato per nuocere. Questa è diventata l'espressione della moda della gioventù odierna. Come la musica rap del ghetto. Siamo diventati una nazione sottosviluppata".

Celente osserva che "la gente una volta pensava all'America come a quel faro luminoso sulla collina con 'libertà e giustizia per tutti'...". Allora, che cos'è successo?

"Manca la moralità nella nostra consapevolezza pubblica americana. Partiamo da Wall Street. È controllata da una banda criminale. L'unica domanda è 'quanto puoi guadagnare, quanto puoi rubare?' Sul fondo, il beneficiario dei sussidi sociali dice 'quanto posso prendere?' E il governo è occupatissimo a prendere".

"La moralità è assolutamente la questione. Avevamo un governo per cui ci veniva insegnato per tutta la vita che eravamo un sistema di libera iniziativa, perciò dipendevamo dalle nostre forze, dalle nostre idee imprenditoriali. Il mondo guardava a noi per il nostro spirito d'innovazione".

"Questo viene distrutto davanti ai nostri occhi. E il nostro governo è diventato più interventista di quanto qualunque vecchio impero potesse sognarsi".

"Ora la nostra società è basata sul consumo: addirittura per il 70% del GDP (prodotto nazionale lordo). Ovvero più di quanto produciamo. Perciò, per pagare i conti, usiamo denaro fasullo inventato nel 1913 con la creazione della Federal Reserve e il dollaro "fiat" (latino: sia fatto - dal nulla) basato sul credito (il nostro debito), il sistema della riserva frazionaria. Negli anni '30 si comprava ciò che ci si poteva permettere. Si risparmiava per comprare una casa. Il credito facile degli anni '90 ha distrutto la nazione. Ora prendi a prestito ciò che non ti puoi permettere e la nazione ha fatto lo stesso".

Celente prevede che continuare a battere moneta causerà la "più grande depressione".

"Prevedo una continuazione della deflazione degli immobili, seguita da un'estrema inflazione della valuta, che alla fine diventerà priva di valore. Ecco perché l'oro è l'unico denaro onesto: il governo non lo può contraffare. Aspettatevi di vederlo superare almeno 2000 dollari l'oncia".

"Le statistiche ufficiali di disoccupazione sono anch'esse fasulle. Per esempio, l'industria delle costruzioni è in realtà sopra il 20% di disoccupazione e il governo sta creando occupazione di basso livello, non veri impieghi. La vera disoccupazione totale degli USA è più probabile che sia intorno al 16%. Prima che la crisi sia finita, raggiungerà il 25%, numeri da grande depressione".

"Quando la gente ha perso tutto, non ha più niente da perdere. Esploderanno la violenza e il crimine. Guardate le cifre dell'OECD. Il numero di studenti che non terminano le scuole superiori sta esplodendo: si perdono nella droga. Tra pochi anni New York City avrà l'aspetto di Mexico City. Il collasso della moralità dalla cima al fondo - specialmente nel governo - lo rende inevitabile".

Abbiamo chiesto che cosa possiamo aspettarci nel prossimo futuro.

"Washington dichiara la 'Legge Marziale dell'Economia'. Wall Street mette sul lastrico Main Street (l'economia reale). L'indicatore chiave sono le vendite natalizie. Avranno un crollo. Natale sarà il momento in cui avrà inizio questa realtà".

"Un'altra tendenza di cui abbiamo parlato oltre due anni fa era la rivolta fiscale. Che cosa è successo? Le entrate fiscali sono scese del 33%. E i ricchi se ne stanno andando".

"Noi prevediamo che i movimenti secessionisti uguaglieranno lo smembramento dell'Unione Sovietica".

"L'unico modo in cui potremo mai riprenderci è tornare alle comunità di individui, alla responsabilità personale, al governo locale. Allora la media sparirà e tornerà la qualità. Guardate la General Motors. Auto spazzatura finanziate da obbligazioni spazzatura. Oggi possedute da un governo spazzatura. Come consumatori, non consumate quantità, consumate qualità".

"Come andrà a finire?" abbiamo chiesto. "Il dollaro sopravvivrà?"

"La bolla delle dot com avrebbe dovuto esplodere e andarsene in una breve recessione acuta. Ma i ragazzi della FED hanno rigonfiato l'economia abbassando i tassi d'interesse al minimo da 46 anni, creando a sua volta la bolla immobiliare, molto più grande della bolla Internet".

"Ora stanno creando la bolla dei salvataggi, che alla fine farà impallidire la bolla immobiliare. Essa causerà l'implosione dell'economia globale mondiale, che non sarà possibile riparare creando ancora un'altra bolla. Ogni volta che il governo fallisce, racconta una bugia più grande e poi una bugia ancora più grande".

"A queste bolle precedenti non è stato permesso di scoppiare, ma esse non hanno distrutto l'infrastruttura della nazione. Questa bolla dei salvataggi lo farà".

"Ma questa bolla sarà l'ultima. Dopo l'ultimo scoppio della bolla dei salvataggi, la nostra preoccupazione è che il governo porterà la nazione in guerra. Questo è un precedente storico che è accaduto più e più volte".

"Perciò, non è questione della sopravvivenza del dollaro. Può darsi che noi stessi non sopravviviamo. Guardate la Germania dopo la Prima Guerra Mondiale. Diede origine al fascismo e alla Seconda Guerra Mondiale. La prossima guerra sarà combattuta con armi di distruzione di massa".

'Fascismo liberale' americano? È possibile? L'omonimo bestseller di Jonah Goldberg diede l'allarme due anni fa.

fonte nsoe


mercoledì 15 luglio 2009

Molto partito, poco democratico

Può un comico fare il politico? No, meglio lasciarlo fare ai deliquenti. In merito vi riporto un interessante articolo di Travaglio e vi invito ad abbonarvi a Il Fatto Quotidiano, un giornale libero dai partiti e finanziato unicamente dai lettori.

Dice D’Alema che Grillo non può iscriversi al Pd: non ha mai definito “golpisti” i pm di Mani Pulite, mai fatto bicamerali per demolire la Costituzione, mai rovesciato il governo Prodi, mai legittimato il conflitto d’interessi, mai definito Mediaset “un grande patrimonio del Paese”, mai scalato la Bnl, mai detto a Consorte “facci sognare”, mai preso tangenti da un uomo legato alla Sacra corona unita, mai definito “capitani coraggiosi” Colaninno e Gnutti, mai stato amico di Geronzi e Tronchetti Provera, mai bombardato l’ex Jugoslavia violando il diritto internazionale e poi negando di averla bombardata, mai invitato Gheddafi alla fondazione Italianieuropei.

Dice Veltroni che Grillo non può iscriversi al Pd: non ha mai minato il governo Prodi, non ha mai auspicato di avere Gianni Letta nel suo governo, non è amico dei palazzinari, non ha mai fatto accordi con Berlusconi, non l’ha mai chiamato “il principale esponente dello schieramento a noi avverso”, promesso di “non attaccarlo mai più”, non ha mai riabilitato Craxi definendolo “grande innovatore” (anzi, pare addirittura che il comico genovese, a Craxi, preferisca Berlinguer).

Dice Anna Finocchiaro che Grillo non può entrare nel Pd: non ha mai attaccato il pool di Milano, non ha mai elogiato “il comportamento esemplare di Andreotti”, non ha mai invocato il Ponte sullo Stretto di Messina, non ha perso tutte le elezioni della sua vita, non ha mai baciato Schifani e non s’è fatto scrivere il programma da Salvo Andò.

Dice Bersani che Grillo non può entrare nel Pd: mica era amico di Tanzi, mica trafficava col governatore Fazio per sponsorizzare la fusione Bnl-Montepaschi, mica ha elogiato Fiorani (“banchiere molto dinamico, capace, attivo”), mica ha ingaggiato il figlio di Mastella come consulente al ministero delle Attività produttive, mica va a farsi osannare ogni anno al Meeting della Compagnia delle Opere a Rimini.

Dice Franceschini che Grillo non può entrare nel Pd: mica ha commentato lo scandalo Noemi e le accuse di Veronica “tra moglie e marito non mettere il dito” e mica si allea con Marini, Rutelli, Fioroni, Carra e Binetti.

Dice Follini che Grillo non può iscriversi al Pd: non ha mai militato nell’Udc di Totò Cuffaro, non ha votato tutte le leggi vergogna di Berlusconi (anzi, le ha persino combattute), non è mai stato vicepresidente del Consiglio in un governo Berlusconi.

Dice Mirello Crisafulli che Grillo non può iscriversi al Pd: non ha mai abbracciato né baciato il boss mafioso di Enna, Giuseppe Bevilacqua, in un hotel di Pergusa e non ha mai parlato di affari e appalti dandogli affettuosamente del tu.

Dice Nick Latorre che Grillo non può entrare nel Pd: non ha mai chiesto a Dell’Utri i voti per D’Alema al Quirinale (“Con il senatore Dell’Utri esiste un rapporto di grande cordialità e di stima reciproca. La mia impressione su di lui è estremamente positiva: penso sia una persona pacata, sensibile e di spessore”), mai trafficato né con Consorte né con Ricucci, non è mai stato loro complice in scalate finanziarie illegali, e non ha mai neppure passato pizzini all’onorevole Bocchino nei dibattiti televisivi.

Dice Fassino che Grillo non può entrare nel Pd: diversamente da Primo Greganti, regolarmente iscritto, il comico genovese non incassava tangenti per conto del Pci-Pds nella stessa città di Fassino; inoltre, Grillo non ha mai domandato a Consorte “allora siamo padroni di una banca?” né portato la sua signora in Parlamento per cinque legislature, e nemmeno per qualche minuto in visita guidata.

Dice Enrico Letta che Grillo non può entrare nel Pd: molto meglio “Tremonti, Letta (Gianni), Casini e Vietti”, che lui vorrebbe “nel mio futuro governo”.

Dice Rutelli che Grillo non può entrare nel Pd: non è mai stato condannato dalla Corte dei conti a risarcire 25 mila euro al Comune di Roma per le spese folli in consulenti inutili; e non ha mai perso nemmeno un’elezione, mentre lui nell’ultimo decennio le ha perse tutte, dalle politiche del 2001 alle comunali di Roma nel 2008.

Dice Sergio D’Antoni che Grillo non può iscriversi al Pd: non ha mai fatto partiti con Andreotti.

Dice la Binetti che Grillo non può entrare nel Pd: non è mica dell’Opus Dei.

Dice Enzo Carra che Grillo non può entrare nel Pd: non è mica un pregiudicato per falsa testimonianza.

Dice Pierluigi Castagnetti che Grillo non può entrare nel Pd: mica ha una prescrizione per finanziamento illecito.

Dice Bassolino che Grillo non può entrare nel Pd: non è mica imputato per truffa pluriaggravata alla regione di cui egli stesso è governatore.

Grillo si rassegni. Oppure vada a molestare una ragazza: se tutto va bene, gli fanno il Tso, gli danno la tessera del Pd e lo promuovono presidente di sezione.

fonte antefatto

martedì 14 luglio 2009

Sciopero

Anche QuiArgelatoLibera aderisce alla giornata di silenzio per la libertà d'informazione on line contro il disegno di legge Alfano, i cui effetti sarebbero quelli di imbavagliare l'informazione in Rete.
Il cosiddetto obbligo di rettifica, pensato sessant'anni fa per la stampa, se imposto a tutti i blog (anche amatoriali) e con le pesanti sanzioni pecuniarie previste, metterebbe di fatto un silenziatore alle conversazioni on line e alla libera espressione in Internet.



giovedì 9 luglio 2009

Berlusconi e la mafia

Nessuno ne parla, le tv tacciono e la maggior parte dei giornali fa finta di niente lasciando gran parte degli italiani all'oscuro di tutto. Nel frattempo ci sono stati interessanti sviuppi al processo Dell'Utri che collegherebbero indissolubilemente (qual'ora ce ne volesse ulteriore prova) Berlusconi alla mafia anche dopo la sua discesa in campo. Leggete e diffondente.



Una missiva che documenta i rapporti tra Berlusconi e Cosa Nostra. Anche dopo la "discesa in campo". E' stata trovata tra le carte di Vito Ciancimino. E "L'espresso" la pubblica in esclusiva.

Adesso c'è la prova documentale. Davvero, secondo la procura di Palermo, Silvio Berlusconi era in contatto con i vertici di Cosa Nostra anche dopo la sua "discesa in campo", come era stato già stato raccontato da molti collaboratori di giustizia.

I corleonesi di Bernardo Provenzano, infatti, scrivevano al premier per minacciarlo, blandirlo, chiedere il suo appoggio e offrirgli il loro. Lo si può leggere, qui, nero su bianco, in questa lettera da tre giorni depositata a Palermo gli atti del processo d'appello per riciclaggio contro Massimo Ciancimino, uno dei figli di don Vito, l'ex sindaco mafioso di Palermo, morto nel 2002.

Una lettera che "L'Espresso" online pubblica in esclusiva. Si tratta della seconda parte di una missiva (quella iniziale sembra essere stata stracciata e comunque è andata per il momento smarrita) in cui in corsivo sono state scritte le seguenti frasi: "... posizione politica intendo portare il mio contributo (che non sarà di poco) perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi.Sono convinto che questo evento onorevole Berlusconi vorrà mettere a disposizione le sue reti televisive".

Chi abbia vergato quelle parole, lo stabilirà una perizia calligrafica. Ai periti verrà infatti dato il compito di confrontare la lettera con altri scritti di uomini legati a Provenzano. I primi esami hanno comunque già permesso di escludere che gli autori siano don Vito, o suo figlio Massimo, che dopo una condanna in primo grado a cinque anni e tre mesi, collabora con la magistratura.

Tanto che finora le sue parole hanno, tra l'altro, portato all'apertura di un'inchiesta per concorso in corruzione aggravata dal favoreggiamento mafioso contro il senatore del Pdl Carlo Vizzini, i senatori dell'Udc Salvatore Cuffaro e Salvatore Cintola, e il deputato dell'Udc e segretario regionale del partito in Sicilia, Saverio Romano. Con i magistrati Massimo Ciancimino ha parlato a lungo della lettera, che lui ricorda di aver visto tra le carte del padre quando era ancora intera.

Ma tutte le sue dichiarazioni sono state secretate. Le poche indiscrezioni che trapelano da questa costola d'indagine, già in fase molto avanzata e nata dagli accertamenti sul patrimonio milionario lasciato da don Vito agli eredi, dicono comunque due cose. La prima: la procura ritiene di aver in mano elementi tali per attribuire il messaggio a dei mafiosi corleonesi vicinissimi a Bernardo Provenzano, il boss che per tutti gli anni Novanta ha continuato ad incontrarsi con Vito Ciancimino.

Anche quando l'ex sindaco, dopo una condanna a 13 anni per mafia, si trovava detenuto ai domiciliari nel suo appartamento nel centro di Roma. La seconda: i magistrati sono convinti che la lettera dei corleonesi sia arrivata a destinazione. Il documento è stato trovato tra le carte personali di don Vito. A sequestrarlo erano stati, già nel 2005, i carabinieri: "Parte di Foglio A4 manoscritto, contenente richieste all'On. Berlusconi per mettere a disposizione una delle sue reti televisive", si legge un verbale a uso tempo redatto da un capitano dell'Arma.

Incredibilmente però la lettera era rimasta per quattro anni nei cassetti della Procura e, all'epoca, non era mai stata contestata a Ciancimino junior nei vari interrogatori. L'unico accenno a Berlusconi che si trova in quei vecchi verbali riguarda infatti una domanda sulla copia di un assegno da 35 milioni di lire forse versato negli anni '70-'80 dall'allora giovane Cavaliere al leader della corrente degli andreottiani siciliani. Dell'assegno si parla a lungo in una telefonata intercettata tra Massimo e sua sorella Luciana il 6 marzo del 2004.

Venti giorni dopo si sarebbe tenuta a Palermo la manifestazione per celebrare i dieci anni di Forza Italia. Luciana dice al fratello di essere stata chiamata da Gianfranco (probabilmente Micciché, in quel periodo assiduo frequentatore dei Ciancimino) che l'aveva invitata alla riunione perché voleva presentarle Berlusconi.

Luciana: "Minchia, mi telefonò Gianfranco.. ah, ti conto questa? all'una meno venti mi arriva un messaggio?"
Massimo: "L'altra volta l'ho incontrato in aereo"
Luciana: "Eh... il 27 marzo, a Palermo... per i dieci anni di vittoria di Forza Italia, viene Silvio Berlusconi. È stata scelta Palermo perché è la sede più sicura... eh... previsione... In previsione saremo 15 mila..."
Massimo: "Ah"
Luciana "...eh allora io dissi minchia sbaglia, e ci scrivo stu messaggio: "rincoglionito, a chi lo dovevi mandare questo messaggio, sucunnu mia sbagliasti" ...in dialetto, eh... eh (ride) e mi risponde: "suca" ...eh (ride) ...mezz'ora fa mi chiama e mi fa: "Minchia ma sei una merda" e allora ci dissi "perché sono una merda".

Dice, hai potuto pensare che io ho sbagliato a mandare? io l'ho mandato a te siccome so che tu lo vuoi conoscere [Berlusconi, nda]? io ti sto dicendo che il 27 marzo "
Massimo: "E digli che c'abbiamo un assegno suo, se lo vuole indietro..."
Luciana "(ride) Chi, il Berlusconi?
Massimo: "Si, ce l'abbiamo ancora nella vecchia carpetta di papà?"
Luciana: " Ma che cazzo dici"
Massimo : "Certo"
Luciana: "Del Berlusca?"
Massimo: "Si, di 35 milioni, se si può glielo diamo..."

Ma nella perquisizione a casa Ciancimino, la polizia giudiziaria l'assegno non lo trova. Interrogato il 3 marzo 2005, Ciancimino jr. conferma solo che gliene parlò suo padre, ma non dice dove sia finito: "Sì, me lo raccontò mio padre? Ma poi era una polemica tra me e mia sorella, perché io l'indomani invece sono andato alla manifestazione di Fassino".

Adesso, invece, dopo la decisione di collaborare con i pm, sarebbe stato più preciso. Ma non basta. Perché Ingroia e Di Matteo, dopo aver scoperto per caso la lettera nell'archivio della procura, hanno anche acquisito agli atti della nuova indagine il cosiddetto rapporto Gran Oriente, redatto sulla base delle confidenze (spesso registrate) del boss mafioso Lugi Ilardo, all'allora colonnello dei carabinieri, Michele Riccio.

Ilardo è stato ucciso in circostanze misteriose alla vigilia dell'inizio della sua collaborazione ufficiale con la giustizia. Ma già nel febbraio del '94 aveveva confidato all'investigatore come Cosa Nostra, per le elezioni di marzo, avesse deciso di appoggiare il neonato movimento di Berlusconi. Un fatto di cui hanno poi parlato dozzine di pentiti e storicamente accertato in varie sentenze. Ilardo il 24 febbraio aveva spiegato a Riccio come qualche settimana prima "i palermitani" avessero indetto una "riunione ristretta" a Caltanissetta con alcuni capofamiglia del nisseno e del catanese.

Nell'incontro "era stato deciso che tutti gli appartenenti alle varie organizzazioni mafiose del territorio nazionale avrebbero dovuto votare 'Forza Italia'. In seguito ogni famiglia avrebbe ricevuto le indicazioni del candidato su cui sarebbero dovuti confluire i voti di preferenza... (inoltre) i vertici 'palermitani' avevano stabilito un contatto con un esponente insospettabile di alto livello appartenente all'entourage di Berlusconi. Questi, in cambio del loro appoggio, aveva garantito normative di legge a favore degli inquisiti appartenenti alle varie "famiglie mafiose" nonché future coperture per lo sviluppo dei loro interessi economici..". Una delle ipotesi, ma non la sola, è che si tratti dell'ideatore di Forza Italia, Marcello Dell'Utri, già condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

La procura di Palermo, sospetta dunque, che la lettera ritrovata nell'archivio di Ciancimino si inserisca all'interno di questa presunta trattativa. Nel '94, infatti, Berlusconi governò per soli sette mesi e anche le norme contenute all'interno del cosiddetto decreto salvaladri di luglio, approvato per consentire a molti dei protagonisti di tangentopoli di uscire di galera, che avrebbero in teoria potuto favorire i boss, alla fine non vennero immediatamente ratificate.

Da qui, è la pista seguita dagli investigatori, le apparenti minacce al Cavaliere ("il triste evento"), la richiesta della messa a disposizione di una rete televisiva e i successivi sviluppi politici che portarono all'approvazione di leggi certamente gradite anche alla mafia, ma spesso approvate con il consenso bipartisan del centro-sinistra.


fonte voglioscendere