lunedì 17 marzo 2008

Acqua in bottiglia? No, grazie.


Una volta si andava a piedi al pozzo per recuperare gratuitamente acqua potabile, oggi utilizziamo l’auto per recarci nei supermercati e pagare profumatamente poche bottiglie d’acqua minerale. Questo perché la pubblicità ci ha abituati a pensare che l’acqua in bottiglia sia dotata di qualità curative e rigeneranti, inducendo le persone a classificare l’acqua del rubinetto come più dannosa. Questo non è vero. Per fare un'attenta analisi bisogna tenere in considerazione tre punti fondamentali:

1. LA PUREZZA: l'acqua minerale non è considerata dal legislatore un'acqua potabile, ma un'acqua terapeutica in ragione di certe caratteristiche fisico-chimiche che ne suggeriscono un uso per fini specifici. Per queste ragioni è consentito alle acque minerali di contenere sostanze dannose come l'arsenico, il sodio, il cadmio in quantità superiori a quelle invece interdette per l'acqua potabile. Inoltre la plastica (in particolare il Pet di cui sono fabbricate la maggior parte di bottiglie) se esposta a luce e calore può trasmettere al contenuto sostanze indesiderate, addirittura nocive (aldeidi il Pet e cloruro di vinile il Pvc ). Le bottiglie che arrivano ai supermercati hanno spesso subito lunghi trasporti sotto il sole senza essere isolate da fonti di calore. L'acqua in bottiglia "invecchia" più rapidamente perché stagnante e le normative sono troppo elastiche sulla data di scadenza. L'acquedotto, invece, ne controlla quotidianamente la composizione, che talvolta ha caratteristiche chimiche migliori di quella di alcune marche.

2. I COSTI: l'acqua minerale non è né più pura né più sana della potabile, ma è certamente molto più cara dalle 300 alle 1000 volte. I costi per il cittadino non avvengono solo in fase acquisto del bene, ma anche in fase di smaltimento del rifiuto prodotto. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno di sfruttamento a fine di lucro di un bene demaniale che secondo quanto ha riconfermato la legge sull'acqua del 1994 (la legge Galli) fa parte del patrimonio inalienabile delle regioni. Lo sfruttamento avviene con il beneplacito formale ed esplicito delle autorità pubbliche. Le regioni hanno ceduto il diritto di gestione delle acque minerali a tariffe ridicolmente basse. Quel che è grave è che più dell’80% delle acque minerali sono imbottigliate in contenitori di plastica (in Pet), i cui costi di smaltimento ricadono sulle regioni che spendono di più di quanto incassino dai canoni delle concessioni di sfruttamento delle fonti.

3. L'INQUINAMENTO: a tutto questo, dobbiamo aggiungerci l’impatto ambientale. L’acqua in bottiglia, che nel 40% dei casi non è altro che semplice acqua di rubinetto con l’aggiunta di qualche sale minerale, rosicchia circa un milione e mezzo di barili di greggio ogni anno soltanto per produrre delle bottiglie di plastica che ci metteranno circa 1000 anni a biodegradarsi, quasi tutte utilizzate una sola volta. Infatti per produrre 1 chilo di Pet (polietilen-tereftalato), sono necessari poco meno di 2 chili di petrolio e 17 litri di acqua, la cui lavorazione rilascia nell'atmosfera 2,3 chili di anidride carbonica, 40 grammi di idrocarburi, 25 grammi di ossidi di zolfo e 18 grammi di monossido di carbonio. A cui poi va aggiunto l'inquinamento per il trasporto, visto che solo il 25% delle acque in bottiglia bevute in un Paese provengono dalle industrie nazionali, le altre devono varcare uno o più confini.



Abbiamo l'occasione di migliorare l'ambiente partendo dal nostro quotidiano, cosa stiamo aspettando?

Fonti:
Le tabelle certificate con i valori contenuti nelle acque potabili della nostra zona sono reperibili presso il sito del Gruppo Hera.
Altri interessanti dati sono facilemente rintracciabili su: http://www.disinformazione.it/.

2 commenti:

Davide Marani ha detto...

In vista della Giornata Mondiale dell'Acqua che si celebra il 22 Marzo, Legambiente ha stilato un rapporto tanto interessante quanto sconvolgente sulle abitudini degli italiani. Nel 2006 i nostri concittadini hanno utilizzato circa 6 miliardi di bottiglie di plastica, la cui produzione ha implicato il consumo di 480 mila tonnellate di petrolio e l'emissione in atmosfera di 624 mila tonnellate equivalenti di anidride carbonica.
Questi dati ci pongono come primo paese nel mondo per consumo di acqua in bottiglia pro-capite, con un consumo medio di mezzo litro di acqua minerale a testa per 365 giorni l'anno: 194 litri ciascuno. Erano 65 litri nel 1985: il dato è triplicato in due decenni.
Facendo qualche conto si ottiene che nel 2006 abbiamo consumo oltre 3,5 milioni di barili di petrolio per costruire bottiglie di plastica da utilizzare una sola volta. Non possiamo ignorare il problema.

Andrea Tolomelli ha detto...

Sono completamente d'accordo. Su questo punto penso che una corretta informazione possa aiutare a risolvere questo problema. Di più, occorre ripensare alla gestione della risorsa acqua, privilegiando il suo aspetto di bene per la vita e riducendo l'aspetto commerciale che a tutti i livelli sta prevalendo. Buona Pasqua a tutti, Tolo