Ogni anno nel mondo vengono prodotte circa 500 miliardi di buste di plastica ovvero 1 milione di buste al minuto. A chi è nato in tempi recenti può sembrare che gli shopper siano sempre esistiti, ma in realtà fanno parte della nostra vita quotidiana solo da 25 anni e in questo breve lasso di tempo hanno causato danni incalcolabili. Per smaltire una busta di plastica ci vogliono circa 1000 anni e per mantenere la produzione attuale sono richiesti circa 60 milioni di barili di petrolio ogni anno. E' stato calcolato inoltre che ogni volta che una famiglia media va a fare la spesa riporta a casa circa 15 buste e bustine. Per non parlare infine del fatto che ogni anno più di 100 mila tartarughe e altri animali marini muoiono a causa delle buste di plastica che spesso vengono scambiate per cibo.
In Italia si producono circa 200 mila tonnellate di sportine di plastica all'anno, impiegando circa 430 mila tonnellate di petrolio, pari a oltre 2,5 milioni di barili di petrolio. Questo è il motivo per cui in alcune città di Francia, Uganda, Australia, Bangadesh e Stati Uniti sono stati assunti provvedimenti di messa al bando delle sportine di plastica. L’Italia, secondo quanto stabilito nella passata Finanziaria, dovrebbe incentivare l’uso di surrogati di origine vegetale e, successivamente, dal 2010 assumere i primi provvedimenti di messa al bando, anche se ancora non sono state definite le modalità di sanzionamento e multe per i trasgressori.
In Europa, tra i paesi più virtuosi, vi è senza dubbio l'Irlanda che è riuscita a far crollare del 94% l'uso delle buste di plastica da supermercato inserendo una tassa di 0,33 € per l’acquisto di ogni shopper in plastica. Come risultato, le persone fanno la spesa con buste in stoffa portate da casa, e circolare con la busta di plastica per la strada è diventato motivo di vergogna come andare in giro con la pelliccia di volpe argentata. La soluzione, anche in Italia, è banale ed è rappresentata appunto dalle borse di tessuto con tracolla, riusabili per anni. In cotone, canapa, juta, a reticella, sono il passato e il futuro dello shopping (dalla grande spesa al piccolo oggetto), dopo la lunga e irrazionale parentesi dello shopper usa e getta.
Spesso siamo convinti di non poter fare nulla, nel nostro piccolo, per poter migliorare l'ambiente e ci lasciamo trascinare dallo sconforto. Questo è sbagliato. E' proprio dalle piccole cose, dai gesti quotidiani più insignificanti che il mondo comincia a cambiare.
"[...] stiamo andando verso una situazione insostenibile. In cui nemmeno il migliore, il più onesto e competente dei governanti (e la materia scarseggia su questi fronti, come ben si sa) potrà prendere le decisioni drammatiche che c'impongono quando si troverà a dover fronteggiare una opinione pubblica che, non sapendo il perché (visto che nessuno glielo spiega), sarà ostile e riottosa su tutti i fronti.
Così i cambiamenti s'imporranno drammaticamente, al di sopra e al di fuori della volontà di tutti. Perché in tutta questa storia c'è un protagonista assoluto, che non ascolterà nessuno perché è del tutto sordo, senza pietà e senza morale. La Natura non tratta con noi e non aspetterà le nostre decisioni in ritardo."
Giulietto Chiesa
mercoledì 26 marzo 2008
I'm not a plastic bag
lunedì 17 marzo 2008
Acqua in bottiglia? No, grazie.
Una volta si andava a piedi al pozzo per recuperare gratuitamente acqua potabile, oggi utilizziamo l’auto per recarci nei supermercati e pagare profumatamente poche bottiglie d’acqua minerale. Questo perché la pubblicità ci ha abituati a pensare che l’acqua in bottiglia sia dotata di qualità curative e rigeneranti, inducendo le persone a classificare l’acqua del rubinetto come più dannosa. Questo non è vero. Per fare un'attenta analisi bisogna tenere in considerazione tre punti fondamentali:
1. LA PUREZZA: l'acqua minerale non è considerata dal legislatore un'acqua potabile, ma un'acqua terapeutica in ragione di certe caratteristiche fisico-chimiche che ne suggeriscono un uso per fini specifici. Per queste ragioni è consentito alle acque minerali di contenere sostanze dannose come l'arsenico, il sodio, il cadmio in quantità superiori a quelle invece interdette per l'acqua potabile. Inoltre la plastica (in particolare il Pet di cui sono fabbricate la maggior parte di bottiglie) se esposta a luce e calore può trasmettere al contenuto sostanze indesiderate, addirittura nocive (aldeidi il Pet e cloruro di vinile il Pvc ). Le bottiglie che arrivano ai supermercati hanno spesso subito lunghi trasporti sotto il sole senza essere isolate da fonti di calore. L'acqua in bottiglia "invecchia" più rapidamente perché stagnante e le normative sono troppo elastiche sulla data di scadenza. L'acquedotto, invece, ne controlla quotidianamente la composizione, che talvolta ha caratteristiche chimiche migliori di quella di alcune marche.
2. I COSTI: l'acqua minerale non è né più pura né più sana della potabile, ma è certamente molto più cara dalle 300 alle 1000 volte. I costi per il cittadino non avvengono solo in fase acquisto del bene, ma anche in fase di smaltimento del rifiuto prodotto. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno di sfruttamento a fine di lucro di un bene demaniale che secondo quanto ha riconfermato la legge sull'acqua del 1994 (la legge Galli) fa parte del patrimonio inalienabile delle regioni. Lo sfruttamento avviene con il beneplacito formale ed esplicito delle autorità pubbliche. Le regioni hanno ceduto il diritto di gestione delle acque minerali a tariffe ridicolmente basse. Quel che è grave è che più dell’80% delle acque minerali sono imbottigliate in contenitori di plastica (in Pet), i cui costi di smaltimento ricadono sulle regioni che spendono di più di quanto incassino dai canoni delle concessioni di sfruttamento delle fonti.
3. L'INQUINAMENTO: a tutto questo, dobbiamo aggiungerci l’impatto ambientale. L’acqua in bottiglia, che nel 40% dei casi non è altro che semplice acqua di rubinetto con l’aggiunta di qualche sale minerale, rosicchia circa un milione e mezzo di barili di greggio ogni anno soltanto per produrre delle bottiglie di plastica che ci metteranno circa 1000 anni a biodegradarsi, quasi tutte utilizzate una sola volta. Infatti per produrre 1 chilo di Pet (polietilen-tereftalato), sono necessari poco meno di 2 chili di petrolio e 17 litri di acqua, la cui lavorazione rilascia nell'atmosfera 2,3 chili di anidride carbonica, 40 grammi di idrocarburi, 25 grammi di ossidi di zolfo e 18 grammi di monossido di carbonio. A cui poi va aggiunto l'inquinamento per il trasporto, visto che solo il 25% delle acque in bottiglia bevute in un Paese provengono dalle industrie nazionali, le altre devono varcare uno o più confini.
Abbiamo l'occasione di migliorare l'ambiente partendo dal nostro quotidiano, cosa stiamo aspettando?
Fonti:
Le tabelle certificate con i valori contenuti nelle acque potabili della nostra zona sono reperibili presso il sito del Gruppo Hera.
Altri interessanti dati sono facilemente rintracciabili su: http://www.disinformazione.it/.
venerdì 14 marzo 2008
Differenziamo per legge
Alla base del PaP c'è una direttiva europea, la 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, che, in vista di questa finalità, «istituisce un quadro per la responsabilità ambientale» basato sul principio «chi inquina paga».
L’art. 205 del conseguente Dlgs 152/06 stabilisce che «deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti: almeno il 35% entro il 31 dicembre 2006; almeno il 45% entro il 31 dicembre 2008; almeno il 65% entro il 31 dicembre 2012».
In base ai dati presentati da Geovest, il comune di Argelato, nel 2006, ha differenziato il 47,2% dei rifiuti raccolti. Questo significa che tra il 2008 e il 2012 ci dovrà essere necessariamente un incremento del 17,8% pari al 3,56% annuo. I dati storici dicono che ad Argelato tra il 2003 e il 2006 si è passati dal 35,3% al 47,2% (+11,9%) con un incremento annuo del 2,98%.
Questo mostra chiaramente quanto sia necessario un cambiamento radicale nel sistema di raccolta differenziata. Il controverso PaP forse non è lo strumento più efficace dal punto di vista organizzativo, ma lo è senza dubbio come strumento di formazione del cittadino. Chi lo ha provato ha assunto una coscienza ambientale e una conoscienza della realtà che difficilmente altri sistemi di raccolta differenziata sarebbero stati in grado di dargli.
Nel caso in cui non adottassimo il PaP, quello che ci aspetta in un futuro non troppo lontano e per certi versi già presente sono discariche piene, multe della comunità europea nel caso in cui non si raggiungano le percentuali sopra indicate ed inceneritori che emettono sempre più particelle dannose nell'atmosfera che finiscono per creare tumori e altre malattie nella popolazione. Intanto nel nostro Comune si litiga sull'igiene o sul mancato spazio negli appartamenti per i bidoni come se il PaP fosse stato sperimentato per la prima volta in assoluto qui. Sono anni che in Italia e nel mondo il PaP viene utilizzato con soddisfazione dai cittadini. Credete che loro non abbiano dovuto affrontare i nostri stessi problemi? Che paese.
giovedì 6 marzo 2008
Car-Pooling
L'auto di gruppo, o concarreggio ("car-pooling" in inglese, "covoiturage" in francese), è una modalità di trasporto che consiste nella condivisione di automobili private tra un gruppo di persone, con il fine principale di ridurre i costi del trasporto. È uno degli ambiti di intervento della mobilità sostenibile. Uno o più dei soggetti coinvolti mettono a disposizione il proprio veicolo, eventualmente alternandosi nell'utilizzo, mentre gli altri contribuiscono con adeguate somme di denaro a coprire una parte delle spese sostenute dagli autisti.
Tale modalità di trasporto è diffusa in ambienti lavorativi o universitari, dove diversi soggetti, che percorrono la medesima tratta nella stessa fascia oraria, spontaneamente si accordano per viaggiare insieme. La pratica del condividere l'auto è maggiormente diffusa nei paesi del nord Europa e negli Stati Uniti dove esistono associazioni specifiche e dove la pratica è prevista anche nella segnaletica stradale, mentre trova tuttora bassissima applicazione in Italia. (fonte wikipedia)
Il Comune di Argelato, insieme ad altri 15 comuni delle provincia di Bologna ha da qualche mese aderito al progetto "C'è un posto per te", lo scopo del quale è ridurre il traffico e le emissioni inquinanti tramite un efficiente sistema di Car-Pooling. La gestione del servizio è lasciata ad un software disponibile su internet all’indirizzo www.autocondivisa.bo.it, che offre la possibilità
di mettersi in contatto con altre persone che vogliano condividere lo stesso percorso. I vantaggi offerti sono: riduzione del traffico, riduzione delle spese pro-capite (olio, carburante, parcheggio, autostrada, etc.), riduzione dell'inquinamento atmosferico e aumento della socializzazione. Cosa ne pensate?
lunedì 3 marzo 2008
ApA vs PaP: la resa dei conti?
Sabato 1 Marzo alle 10.00 c'è sta l'annunciata manifestazione dell'ApA ad Argelato. Di fronte al comune si sono riunite diverse decine di cittadini per manifestare il proprio dissenso e raccogliere firme contro il PaP. Alle 11.30 dalla piazza è partito un civile corteo di una trentina di manifestanti che ha girato attorno al Comune con cartelloni, slogan e fischietti. Le preoccupazioni dei presenti riguardavano principalmente igene, logistica, organizzazione e costi che il PaP introdurrebbe soprattutto a svantaggio dei cittadini più in difficoltà. Preoccupazioni basate su supposizioni, dato che gli intervistati hanno negato di averlo provato.
Uno degli argomenti che maggiormente ha "infiammato" la folla è stato quello dell'altruismo. Un'esponente ApA ha detto che i cittadini non possono guardare solo al proprio giardino, ma devono pensare che ci sono persone che hanno grosse difficoltà a fare il PaP. Ovviamente questo discorso è fortemente cotraddittorio. Pensare solo al proprio giardino o a quello di qualche parente in difficoltà mi pare proprio quello che ApA stà facendo. Dobbiamo invece unirci per ripulire l'ambiente anche se questo comporterà ulteriori costi e sacrifici non solo per il bene di pochi intimi, ma per il bene di tutti.
La petizione mossa dall'ApA (visibile qui) richiede fondamentalmente l'intervento della Prefettura di Bologna per bloccare l'introduzione del PaP fino all'approvazione di un referendum.
Nella stessa giornata il Comune ha pubblicato una lettera (visibile qui) rivolta ai cittadini, ringraziando per la disponibilità quelli che già hanno aderito e proponendo all'intera cittadinanza di provare prima il PaP e solo sucessivamente proporre un eventuale referendum.